2005年05月21日

グランデに戻るための3つの購入

最後に購入する補強はスクデットを勝ち取るために決定的。
したがってカンナバーロ、エメルソン、イブラヒモヴィッチはヴェッキア・シニョーラを勝ち取らせた。

MILANO, 20 maggio 2005 - Tre è il numero perfetto. Per lo scudetto, devono aver pensato Luciano Moggi e Fabio Capello. E così, per dare l'assalto al 28° tricolore, l'estate scorsa hanno individuato un rinforzo "pesante" per reparto. Cannavaro per la difesa, Emerson a centrocampo, Ibrahimovic in attacco. Scommesse vinte, oggi sembra tutto scontato e banale: facile puntare su tre campioni così, ma solo 9 mesi fa le incognite di mercato erano tante: quanti di quelli che oggi decantano le lodi del trio meraviglia sarebbero stati disposti ad un atto di fede nei loro confronti?

Avanti per reparto. Fabio Cannavaro, 31 anni, arriva dall'Inter, scambiato alla pari con il portiere uruguaiano Carini, valutati entrambi 10 milioni di euro. Un altro centrale di difesa? E cosa se ne fa la Juve, dicono gli scettici? Ci sono già i senatori Ferrara, Montero, Iuliano e Thuram, e poi Tudor e Legrottaglie da rilanciare, all'occorrenza è pronto il duttile Birindelli. E poi Cannavaro all'Inter non è che abbia proprio brillato, anzi. C'è chi lo dà per finito, chi dice che sia "rotto", chi si interroga sul perchè una "grande" come l'Inter ceda il capitano della Nazionale ad una diretta concorrente. La risposta sembra ovvia: ha imboccato il viale del tramonto. Sbagliato, sbagliatissimo. Cannavaro disputa in bianconero una stagione straordinaria. Sarà la vicinanza di Buffon e Thuram, suoi compagni ai tempi di Parma, sarà la fiducia di Capello che lo fa giocare sempre, alla faccia di chi dice che non regge fisicamente il peso degli impegni ravvicinati campionato-Champions. Anticipi d'autore, esperienza, senso tattico, pochissimi falli, il difensore napoletano, degno erede di Ciro Ferrara, che gli consegna idealmente il testimone dalla panchina, sfoggia tutto il suo repertorio. Impreziosito dai colpi di testa vincenti, dal gol dell'Olimpico contro la Roma, da quello rabbioso contro il Bologna per cancellare con un colpo di spugna la vicenda del presunto abuso di farmaci (trasmesso in tv un filmato di una sua flebo ricostituente, con prodotti peraltro leciti, ai tempi di Parma). Un campionato favoloso, e se la sua incornata contro il Liverpool, su punizione di Del Piero, fosse finita qualche centimetro più in là, invece di incocciare il palo, forse anche il cammino della Juventus in Champions League avrebbe potuto allungarsi di molto, magari fino ad Istanbul...
Capitolo Emerson. Il Puma è un uomo di fiducia di Capello, che lo ha allenato a Roma. A Cassano, si dice, il tecnico friulano consigliava di seguire l'esempio del centrocampista, piuttosto che quello del suo capitano in giallorosso...Emerson ha un contratto che lo lega alla Roma, il braccio di ferro con la società di Sensi diventa quasi una telenovela, ma il nazionale della Selecao è irremovibile: vuole la Juve. E la ottiene in cambio di 14 milioni di euro più Brighi. Il brasiliano più "tedesco" in circolazione diventa il fulcro del centrocampo bianconero. Cuce il gioco, si sbatte in copertura, detta i tempi della manovra, ogni tanto, quando dalla panchina il suo tecnico preferito gli dà l'ok, si propone per gli inserimenti offensivi che sono un po' il suo marchio di fabbrica. Diventa subito il leader del reparto, l'unico insostituibile per caratteristiche, una sorta di allenatore in campo, termine abusato quanto si vuole, ma che rende bene l'idea. Poi da metà stagione la pubalgia diventa il suo rivale più temibile, l'unico che riesce a limitarlo. Il brasiliano tedesco nell'animo e nell'etica sportiva stringe i denti, si gestisce come meglio può, preparandosi al meglio per gli appuntamenti più importanti e saltando qualche tappa intermedia del campionato. Ma sui Gran Premi della montagna, le gare dentro-fuori, c'è sempre, e si fa sentire, anche se non al meglio. Su questo scudetto la sua firma è in bella mostra.
Ultimo, ma solo come disposizione tattica, Ibrahimovic. Il diamante grezzo di Malmoe, che ha castigato l'Italia agli Europei (guarda caso come accadde ad un certo Trezeguet, che si presentò alla Juve con il biglietto da visita della rete fatale agli azzurri in Francia, con la maglia dei Blues). Grande fisico, classe da vendere, ma l'Ajax non lo molla, vuole soldi: parecchi e cash. Ci si accorda per 16 milioni, la Juve fa cassa con le cessioni di di Di Vaio e Miccoli, mica gli ultimi della pista, e punta tutto sull'airone di origini slave, il nuovo Van Basten per i più ottimisti, uno spilungone tanto fumo e poco arrosto per i suoi detrattori. E poi che caratterino - sussurrano a bassa voce i bene informati -, la panchina proprio non la digerisce, non sarà facile gestirlo. Non scherziamo. Capello ha conquistato Totti e Cassano, figurarsi se si preoccupa. Lui vuole gente di personalità, che non si nasconda. A inizio stagione applica un turnover scientifico a tre, ruotandolo con Del Piero e Trezeguet, poi, complici anche i contrattempi fisici del francese, getta la maschera: Ibra è l'unico sicuro del posto. Sì perchè lo svedese fa vedere subito di che pasta è fatto: gioca prima e seconda punta, fa reparto da solo, i sui spunti in dribbling valgono dal soli il prezzo del biglietto. Elegante, sontuoso, quasi arrogante, in certe giravolte: è bravo e se ne compiace. Troppo dice Capello, che da lui vuole soprattutto i gol. E allora Ibra esegue gli ordini, fa segnare e segna: di testa, di piede, su rigore. Sempre imprendibile, ma ora anche goleador. Le reti diventano 16, come Platini al primo anno in Italia, hai detto niente. Qualche colpo di testa anche sul piano caratteriale (la cravatta a Cordoba), ma lui è una di quelle punte che sa farsi rispettare. E poi ha 23 anni, imparerà a non esagerare. Ibra ha le idee chiare: dice di voler diventare il più forte di tutti. La Juventus ci scommette una volta di più, e intanto si gode uno scudetto che si specchia nello sguardo profondo del suo nuovo profeta del gol.

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