2005年05月21日

アレ:誇りと迷信

最高と最低のシーズン:魔法と失望のテスト。
カペッロは彼を28度も交代させた。
しかし彼が28度目のスクデットを得るための得点をもたらした。
ロヴェッシャータでサン・シーロを舞う彼のイメージがこのシーズンを象徴している。
全てをひっくり返した。

MILANO, 20 maggio 2005 - Per i tifosi bianconeri "E' la cosa più bella che c'è", come cantano, sempre e comunque, a prescindere dalla sua prestazione, quando il capitano della Juventus scende in campo. Ma sono stati in tanti, quest'anno, a dubitare di Alessandro Del Piero. Inutile girarci intorno: tanti critici e addetti ai lavori lo consideravano (considerano?) finito. Un buon giocatore, certo, ma non più il campione simbolo dei bianconeri, l'uomo della provvidenza, quello cui aggrapparsi quando serve quel qualcosa in più che solo gli artisti del pallone sanno inventare.
Si è capito fin dall'estate che le cose per il n° 10 erano cambiate: con Capello non era più intoccabile, ma soltanto uno dei tanti. Lui, Alessandro del Piero, cinque scudetti, una coppa Campioni ed un'Intercontinentale conquistati con quella maglia. Bandiera e volto della Vecchia Signora trattato alla stregua (con tutto il rispetto) di un Birindelli qualsiasi. Del resto Ibrahimovic incantava, Trezeguet la metteva sempre dentro, e Capello, più realista del re, non ha fatto sconti: Ale sostituito sistematicamente (alla fine non ha sentito sul campo il triplice fischio finale per ben 28 volte) e qualche volta a sedere in panchina accanto a lui, rimpiazzato non solo da Ibra e Trezegol, ma anche dal "proletario" Zalayeta. Qui del Piero ha vinto il suo scudetto: mai una polemica, anche quando ha perso la Nazionale del "suo" Lippi per l'utilizzo a singhiozzo (e onestamente anche per un rendimento altalenante: splendidi tocchi d'autore, come il tacco al Siena, ma anche qualche gara anonima). Ha stretto i denti e corso ancora più forte, anche quando si parlava di un imminente arrivo di Cassano, anche quando c'era chi faceva il conto alla rovescia della fine della squalifica di Mutu. Niente atteggiamenti isterici comuni a tanti suoi colleghi che hanno incantato e vinto meno della metà di lui, ma che urlano alla lesa maestà per un cambio a 5' dalla fine.
E nella sfida decisiva per il tricolore, a San Siro contro il Milan, con una rovesciata, ha capovolto il corso del destino, decisivo più che mai, sfornando, con un capolavoro atletico e tecnico, l'assist più prezioso che Trezeguet ha trasformato nel gol che ha firmato il campionato. E poi ha messo le olive nel Martini con quella capocciata (non esattamente la specialità della casa) che ha trafitto il Parma la domenica seguente, quella dell'allungo decisivo sul Milan. Si è ripreso la Juve, da capitano l'ha guidata nel momento del bisogno: i gradi glieli ha restituiti il campo, più che la fascia. Così come il posto da titolare, e pazienza se in panchina è finito il cecchino Trezeguet. Ale ha vinto e segnato (portando a 13 reti il suo bottino in campionato) festeggiando con un urlo liberatorio, ma soprattutto con un sorriso smagliante. Campione in campo e fuori, trascinatore anche senza alzare la voce, ma i tifosi bianconeri della curva non si sono certo stupiti: è o no la cosa più bella che c'è?

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